Libertà religiosa o libertà dei cristiani?
(Roberto de Mattei)
Renato Farina e Alessandro Sallusti
I fatti
L’opinione
La natura, con le sue meraviglie, è capace di offrirci momenti di grande tenerezza. Bisogna imparare ad osservare le piccole cose che ci circondano, per poterne apprezzare tutta la dolcezza.
Andarsene in campagna e lasciarsi coinvolgere da colori, suoni, profumi può aiutarci a ricomporre un equilibrio con l’ambiente che la civiltà urbana ha frantumato.
Per esempio, impariamo ad osservare ed ascoltare gli uccelli.
foto: nuovereligioni.it
Lo dimostra il Pew Forum con la più grande indagine mai compiuta sul tema. Alle restrizioni dei governi si sommano le ostilità sociali. Anche i paesi più liberi non ne sono immuni. In Israele, incidenti tra ebrei ultraortodossi e cristiani
di Sandro Magister
ROMA, 8 gennaio 2010 – Il diagramma riprodotto qui sopra classifica le cinquanta più popolose nazioni del mondo sulla base delle rispettive restrizioni alla libertà religiosa: sia le restrizioni imposte dai governi, in misura crescente da sinistra verso destra, sia quelle prodotte da violenze di persone o di gruppi, in crescendo dal basso verso l’alto.
Le violazioni della libertà religiosa saranno un tema rilevante del discorso che papa Benedetto XVI terrà l’11 gennaio – come ogni inizio d’anno – al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede.
Il tema non è nuovo. Eppure mai prima d’ora era stato analizzato con la precisione scientifica messa in campo dal Pew Forum on Religion & Public Life di Washington, nell’indagine da cui è tratto il diagramma.
L’indagine riguarda 198 paesi, tra i quali manca la Corea del Nord per l’invincibile scarsità di dati, e copre i due anni che vanno dalla metà del 2006 alla metà del 2008.
La sintesi dell’indagine e le 72 pagine del rapporto finale possono essere scaricate gratuitamente dal sito del Pew Forum:
> Global Restrictions on Religion, December 2009
Nel diagramma la grandezza dei cerchi è commisurata alla popolazione di ciascun paese. Come si vede, tra i paesi con più restrizioni alla libertà religiosa hanno un peso schiacciante l’India e la Cina, ciascuna con una popolazione ben sopra il miliardo. Col corredo di altri paesi illiberali anch’essi densamente popolati, va a finire che il 70 per cento dei 6,8 miliardi della popolazione del globo vivono in nazioni con alti o altissimi limiti alla libertà di religione.
Viceversa, sono appena il 15 per cento della popolazione mondiale coloro che vivono in paesi ove le religioni sono accettabilmente libere.
Naturalmente, le modalità con cui nei vari paesi la libertà religiosa incontra ostacoli sono dissimili.
In Cina e in Vietnam, ad esempio, le popolazioni non mostrano ostilità verso l’una o l’altra religione. Sono i governi a imporre forti limiti alle espressioni di fede. In Cina le restrizioni colpiscono i buddisti del Tibet, i musulmani dell’Uighur, i cristiani privi di registrazione governativa e i seguaci del Falun Gong.
L’opposto avviene in Nigeria e in Bangladesh. Lì i governi optano per la moderazione, mentre è nella società civile che esplodono atti di violenza contro l’una o l’altra religione.
Anche in India l’ostilità è più opera delle parti sociali che delle autorità, nonostante anche queste impongano pesanti restrizioni.
Tra 198 paesi, ce n’è uno solo in cui gli indici di ostilità contro le religioni “nemiche” toccano i picchi massimi sia da parte del governo che da parte della popolazione. Ed è l’Arabia Saudita.
Ma anche Pakistan, Indonesia, Egitto ed Iran hanno indici complessivamente molto negativi, al pari dell’India. In Egitto, le restrizioni alla libertà religiosa si abbattono soprattutto sui cristiani copti, che sono circa il dieci per cento della popolazione.
Metà dei paesi del mondo proibiscono o limitano fortemente l’attività missionaria. Alcuni governi sostengono una sola religione (in Sri Lanka, Myanmar e Cambogia il buddismo) reprimendo tutte le altre. In alcuni paesi l’ostilità è tra frazioni dello stesso mondo religioso. In Indonesia, il paese islamico più popoloso del globo, a soffrire sono i musulmani Ahmadi. E in Turchia i musulmani Alevi, che pure si contano in milioni.
In una mappa del mondo inclusa nel rapporto, con i singoli paesi colorati a seconda del grado di restrizione della libertà religiosa, balza agli occhi che le aree di maggiore libertà sono quelle in cui è più presente il cristianesimo: l’Europa, le Americhe, l’Australia e l’Africa subsahariana.
Ma anche qui qualche restrizione c’è. In Grecia solo i cristiani ortodossi, gli ebrei e i musulmani possono organizzarsi in quanto tali e detenere proprietà. I cristiani di altre confessioni no.
In Francia, la legge che nelle scuole proibisce il velo alle ragazze musulmane vieta anche ai cristiani di portare una croce troppo visibile e ai sikh di portare il turbante.
In Gran Bretagna, dove pure il capo dello Stato è anche capo della Chiesa d’Inghilterra, una sentenza ha consentito che un’azienda imponesse ai propri dipendenti cristiani di nascondere i simboli della loro fede sul luogo di lavoro, lasciando però liberi gli appartenenti ad altre religioni di far vedere i loro simboli.
E in Israele? La novità più incoraggiante è che in tutto il 2009, per la prima volta da molti anni a questa parte, non si è registrata alcuna uccisione di ebrei ad opera di terroristi suicidi musulmani.
La novità esula dall’arco temporale dell’indagine del Pew Forum. Che però ha registrato in Israele anche restrizioni di altro tipo alla libertà religiosa: soprattutto per i privilegi accordati, ad esempio nella legislazione matrimoniale, agli ebrei ortodossi, nonostante questi siano solo una piccola parte degli ebrei residenti nel paese.
Nelle scorse settimane – anche qui al di fuori dell’indagine del Pew Forum – vi sono stati inoltre a Gerusalemme degli atti di violenza commessi da ebrei ultraortodossi ai danni di cristiani.
Quello che segue è il comunicato emesso il 5 gennaio 2010 dall’ambasciata d’Israele presso la Santa Sede dopo i passi compiuti per porre fine a questi incidenti, accompagnato da un appello alla pacificazione firmato dalle autorità preposte alla comunità ebraica implicata.
COMUNICATO
In seguito alle lamentele causate dalle molestie dirette verso sacerdoti e luoghi cristiani nella capitale d’Israele, il consigliere del sindaco di Gerusalemme per le comunità religiose, il signor Jacob Avrahmi, ha preso delle iniziative intese a mobilitare il sostegno della comunità ultraortodossa degli Haredim per combattere la tensione lungo la linea di separazione tra gli ebrei ultraortodossi e i loro vicini cristiani.
In un incontro tra i rappresentanti del ministero degli affari esteri e la municipalità di Gerusalemme con il rabbino Shlomo Papenheim della comunità degli Haredim, è stata presentata una lettera di denuncia verso gli attacchi, che cita come i saggi di tutte le epoche hanno sempre proibito di molestare i gentili.
Qui di seguito si riporta la traduzione della lettera del Beth Din Tzedek – il tribunale della comunità ebraica ortodossa e la più alta istanza della comunità ebraica ultraortodossa a Gerusalemme – scritta in un ebraico piuttosto originale:
PROVOCAZIONI PERICOLOSE
Recenti e ripetute lamentele sono state fatte da gentili a proposito di reiterate molestie ed insulti diretti verso di loro da giovani irresponsabili in vari luoghi della città, specialmente nei pressi di Shivtei Yisrael Street e nei pressi della tomba di Shimon il Giusto.
Oltre a dissacrare il Santo Nome, che già di per sé rappresenta un peccato assai grave, provocare i gentili, secondo i nostri saggi – benedetta sia la loro santa e virtuosa memoria – è proibito e può portare tragiche conseguenze sulla nostra comunità, possa Dio avere pietà.
Noi quindi invochiamo chiunque abbia il potere di porre fine a questi vergognosi incidenti, attraverso la persuasione, di attivarsi per rimuovere questi pericoli, affinché la nostra comunità possa vivere in pace.
Possa il Santissimo, che Egli sia benedetto, diffondere il tabernacolo di una vita misericordiosa e pacifica su di noi e sulla Casa d’Israele e Gerusalemme, mentre noi aspettiamo la venuta del Messia presto e nel nostro tempo, Amen.
Firmato oggi, il 13 di Tevet 5770 (30 Dicembre 2009) dal Tribunale di Giustizia della comunità Haredim, nella santa città di Gerusalemme.
Le parole del tribunale sono chiare e semplici, e si spera che tutti coloro che le ascoltano e che possono prevenire queste azioni lo facciano.
Da http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1341657
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ORSOMARSO
“Nel mese del Passaggio
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Lunedì, 03 Settembre 2012
Napoli, 3 settembre del 2012
La città di Napoli ha dato un benvenuto speciale al Foro Sociale Urbano. Mentre la fiera-mercato di ONU-Habitat ha rifiutato di includere temi scottanti come gli sfratti dall’agenda ufficiale, una delegazione del FSU, assieme a Raquel Rolnik, Relatrice Speciale ONU sul Diritto alla Casa, ha incontrato ieri mattina le organizzazioni sociali nel quartiere popolare di Scampia e gli abitanti del campo rom di Giugliano su cui pende un’ordinanza di sgombero il prossimo 7 settembre. Le denuncie delle violazioni raccolte a Napoli e a livello nazionale hanno posto l’Italia in cima alla lista delle missioni ufficiali della Relatrice nei prossimi mesi.
Il rappresentante di Resistenza Anticamorra, che opera dal 2011 nell’ufficio comunale di Scampia per offrire alternative lavorative ai giovani della zona e promuovere denuncie anonime da parte degli abitanti di questa area nella quale vivono circa 60 mila persone (le organizzazioni sostengono che si tratterebbe di 80 mila, molte delle quali vivono negli scantinati e non appaiono nei registri ufficiali) ha spiegato che ricevono circa 9 denuncie al mese. Da quando la fiducia degli abitanti nella denuncia é cresciuta « la camorra ha capito che non può fare più da padrona nella zona ». L’associazione Gridas (Gruppo per il Risveglio dal Sonno), che opera nel territorio dal 1969 ha presentato la lunga e complessa storia di Scampia, dalle baracche degli sgomberati dal centro del dopoguerra, alle Vele, complesso dove le persone sono andate a vivere negli anni ’70 senza che gli si garantissero i servizi basici, al dramma del terremoto con i problemi generati dall’arrivo dei soldi della ricostruzione che hanno fatto fare il salto qualitativo alla camorra, fino ad oggi, con il dibattito sulla demolizione delle Vele, di fatto un ghetto con altissimo livello di criminalità legato soprattuto allo spaccio della droga. Per il rappresentante del Comitato per l’abbattimento delle Vele, l’unica soluzione é demolire questi casermoni « carceri speciali dove sono stati mandati a vivere i proletari per toglierli dal centro», continuare con il rialloggio in nuove abitazioni e trasformare la zona in un polo artigiano. Il Comitato sottolinea le contraddizion del sindaco De Magistris, all’inizio del suo mandato d’accordo con questa proposta, mentre oggi si riparla di ristrutturazione.
Nel campo rom di Giugliano la delegazione FSU e la Relatrice hanno constatato le terribili condizioni nelle quali vivono le oltre 650 persone senza acqua e nessun tipo di servizio. Su di loro incombe un’ordinanza di sgombero per il prossimo 7 settembre, da considerare illegale perché viola i commenti generali n. 4 e 7 dell’art. 11 del Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali, ratificato dall’Italia, che vieta gli sgomberi senza rialloggio adeguato. Si tratta di violazioni che colpiscono la stragrande maggioranza dei circa 170.00 rom residenti in Italia.
Stante le gravissime violazioni del diritto alla casa riscontrate a Napoli, oltre a quelle che stanno emergendo nei lavori del FSU, in particolare le 250.000 famiglie sotto sfratto, soprattutto per morosità, la Relatrice ONU ha affermato la necessità di svolgere una missione ufficiale in Italia entro pochi mesi, e manderà a breve una comunicazione con raccomandazioni ufficiali al governo italiano.
Il Foro Sociale Urbano continuerà domani 4 settembre all’ ex asilo Filangieri (vico Maffei, 4) con i seguenti incontri:
Lancio della pubblicazione AITEC “L’alloggio in Europa: sloggiamo la crisi, 09.00 – 11.00
Trasformazioni urbane, Crisi, Resistenza, 11.00 – 13.00
Cooperativismo e abitazione sociale, 11.00 – 13.00
Movie: “Ecumenopolis: City Without Limits”, 13.00 – 14.00
Le mobilitazioni contro l’accaparramento delle terre e gli sgomberi delle baraccopoli: difesa della terra come bene comune o nuove strategie politiche?, 14.00 – 17.00
Terra: Casa Comune, 15.00 – 17.00
Dibattito. Ripensare la città, Il diritto ad abitare: sostenibilità, democrazia, equità e giustizia sociale, 15.00 – 17.00
Movie: Dear Mandela, 17.00 – 18.00
Movimenti e istituzioni: soggetti antagonisti o sottoscrittori di un nuovo patto, 18.00 – 20.00
Presentazione di due strumenti per la partecipazione: la Mappa Mondiale dei Movimenti degli Abitanti e la Banca Dati Online Citego, 20.00 – 21.00
Scarica qui il programma completo
Comitato Promotore FSU
Daita.habitants.org
GIOIA TAURO L’ambulanza fonde il motore e una donna affetta da disfunzione vascolare grave che era in trasferimento in codice rosso dall’ospedale di Gioia Tauro a quello di Reggio Calabria, è rimasta ferma allo svincolo di Palmi dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria. Il personale dell’ambulanza ha atteso l’arrivo di un altro mezzo per trasferire la paziente, che doveva essere ricoverata nel reparto di chirurgia vascolare degli ospedali Riuniti di Reggio. Già da tempo i sindacati hanno denunciato le precarie condizioni dei mezzi del 118 della zona.
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